Buon compleanno Enzo

VOLPIANO (TO) 26 agosto – Enzo Osella è nato a Volpiano il 26 agosto 1939 figlio di Luigi e Maria, proprietari di un negozio di generi alimentari e di un’azienda di trasporti. Dopo la seconda guerra mondiale Luigi rileva un garage in centro a Torino e il giovane Enzo, terminati gli studi da geometra, assiste il padre nel lavoro di assistenza ai clienti. Questa attività lo porta in contatto con degli appassionati di corse, uno dei quali lo convince a fargli da navigatore partecipando a numerose gare fra le quali il Rally del Sestriere e come pilota prendendo a prestito la Fiat 600 della sorella. Il passo successivo è acquistare una Lotus 11, che modifica personalmente installando un motore Osca e un differenziale Alfa Romeo, per competere nelle numerose gare in salita dell’epoca.

Nel 1963 Enzo Osella inizia a lavorare per Carlo Abarth come test driver delle vetture stradali oltre che come meccanico e supervisore della squadra corse. L’anno successivo inizia l’attività in proprio come concessionaria Abarth e nel 1971, al momento della cessione dell’Abarth alla Fiat, Enzo Osella rileva tutto il materiale da competizione della Casa dello scorpione iniziando l’attività come Osella Corse, nelle gare in salita e in Formula Ford costruendo la prima Formula 2 nel 1974 ottenendo nel 1975 un punto nel campionato europeo con Francois Migault (Osella FA2). Dopo il deludente tentativo di realizzare e commercializzare vetture di Formula 3 con motori Toyota o Lancia, Osella si concentrò sulle vetture Sport, ottenendo buoni risultati sia in termini commerciali, sia di competitività con le Osella PA5 e PA6, arrivando a chiudere seconda, dietro il colosso Alfa Romeo il World Sportscar Championship (Campionato Mondiale Marche per vetture Gruppo 6) del 1977. Nel 1979 Osella ritentò l’avventura in Formula 2 con l’americano di Roma Eddie Cheever, che vinse tre gare rimanendo in lizza per il titolo fino all’ultima gara, convincendo Osella, pressato anche dagli sponsor, al grande salto in Formula 1.

L’esordio dell’Osella FA1, progettata dal giovane ingegnere torinese Giorgio Stirano, avvenne al Gran Premio di Argentina senza riuscire a qualificarsi, obiettivo centrato al successivo Gran Premio del Sudafrica, mentre il primo traguardo fu visto al Gran Premio d’Italia di settembre. Dal 1980 al 1990 Osella gareggiò in Formula 1 ottenendo come miglior risultato il quarto posto al Gran Premio di San Marino del 1982 con Jean-Pierre Jarier, prima di cedere l’attività per difficoltà finanziarie a Gabriele Rumi che proseguì l’attività con il marchio Fondmetal. Da allora Enzo Osella ha proseguito la sua attività costruendo vetture sport prototipo, settore in cui è attiva ancora oggi, ottenendo i maggiori successi a cominciare dalla vittoria alla Mille Chilometri del Mugello del 1981, gara del campionato mondiale marche con l’Osella PA8-BMW di Lella Lombardi e Giorgio Francia, i successi nel Campionato Europeo per vetture Gruppo 6 e della Montagna con Mauro Nesti e Simone Faggioli e nelle storiche con Uberto Bonucci.

Buon compleanno Henri

JYVÄSKYLÄ (Finlandia), 25 agosto – Gli eroi sono tutti giovani e belli.

Mai definizione fu più adatta per un personaggio come Henri Toivonen, morto non ancora trentenne il 2 maggio 1986 sul Col d’Ominanda in Corsica, insieme al suo fedele scudiero Sergio Cresto, a cavallo del destriero che amava di più e che gli aveva dato maggior fama e gloria: Delta S4.

Predestinato a diventare una stella del rallismo avendo per padre quel Pauli Toivonen (campione europeo del 1968 su Porsche 911 e vincitore del Mille Laghi del 1962 e Montecarlo 1966 su Citroën DS, Sanremo 1968 e Acropolis 1969 su Porsche 911) Henri era nato il 25 agosto 1956 a Jyväskylä cuore pulsante del Mille Laghi. Il piccolo Henri non poteva che sognare di diventare una stella del firmamento rallistico. Vivendo in una terra dove la neve copre la terra per molti mesi l’anno, Henri Toivonen ha iniziato la sua carriera non ancora ventenne con una Simca Rallye nelle gare locali su ghiaccio. Henri, però, sa che per raggiungere quell’Olimpo che sogna deve correre all’estero e nel 1978 si presenta con un’imponente Citroën CX GTI (in fondo le più belle vittorie suo padre le aveva ottenute con la Citroën DS) in Portogallo e all’Acropolis, gare su fondi sterrati dove i Flying Finns la fanno da padroni. Le due trasferte non vanno benne e il 22enne Henri Toivonen si ritira, ma il ghiaccio è rotto, e al successivo RAC Rally, che si corre nel fango delle foreste gallesi, Henri si presenta con una Talbot Sunbeam e per la prima volta entra fra i primi dieci della classifica assoluta chiudendo nono. È tempo di trasferirsi in Inghilterra, incubatrice di campioni e il giovane finlandese lascia le terre artiche per andare a correre il campionato inglese, non prima di aver conquistato la sua prima vittoria assoluta all’Aland Rally finlandese su Talbot Sunbeam. In Inghilterra si alterna al volante di una Ford Escort RS Gruppo 4 e di una 131 Abarth ufficiale affidatagli da Cesare Fiorio, grande cacciatore di talenti. La sua carriera è avviata e nel 1980 è pilota ufficiale Chrysler nel mondiale avendo a disposizione una Sunbeam Talbot Lotus, affiancato da Guy Frénquelin, ottenendo due successi all’Artic Rally (valido per il Campionato Europeo) e al RAC di fine stagione divenendo il più giovane pilota a vincere una gara iridata a 24 anni 3 mesi e 24 giorni.

Dal Montecarlo 1981 inizia il suo sodalizio con Fred Gallagher. I due non parlano la stessa lingua, ma individuano tre termini per definire le curve (cattive, veloci e medie) e tanto basta per spingere forte. Insieme conquistano il secondo posto in Portogallo, nella stagione vincono 18 prove speciali iridate e chiudono settimi nel mondiale, prendendosi la soddisfazione di vincere il Pace Petroleum National Rally con la loro Talbot Sunbeam Lotus. Nei due anni successivi gareggia ancora nel mondiale e in Inghilterra con il Team Rothmans che gli mette a disposizione la Opel Ascona 400 Gruppo 4 nel 1982 (settimo nel mondiale con 44 prove speciali vinte e il successo assoluto nel francese Rallye des 1000 Pistes) e Manta 400 Gruppo B nel 1983 (14 nel mondiale, 23 speciali vittorie e un’unica vittoria al Rothmans Manx International Rally inglese, valido per il Campionato Europeo). In quella stagione corre anche il Rally di San Marino con una Ferrari 308 GTB Gruppo B affiancato da Juha Piironen dovendosi ritirare per la rottura della scatola dello sterzo.

L’anno successivo abbandona il mondiale per dare l’assalto all’europeo con una Porsche 911 a trazione integrale, sempre per i colori Rothmans con la quale chiude secondo nella serie continentale, vincendo tre gare (Costa Smeralda, corso muovendosi con le stampelle, per un incidente accadutogli nei giorni precedente in una gara di karting, Ypres e Madeira, segnando il miglior tempo in 61 prove speciali), alternate a tre uscite con Lancia 037 nel mondiale dove finisce 16° assoluto con 13 prove vinte e un unico arrivo al Mille Laghi che conclude terzo, oltre a bissare la vittoria al Rallye des Mille Pistes con la Porsche.

Il 1985 è un anno di transizione perché Henri Toivonen (con Juha Piironen a fianco) non segue un programma di spicco, ma entra stabilmente nella galassia del Martini Racing, fortemente voluto da Cesare Fiorio che gli mette a disposizione la ormai superata Lancia 037 (a due sole ruote motrici); facendogli intravedere la possibilità di salire quanto prima sulla nuova arma della Casa torinese: la Delta S4. Un mostro a quattro ruote motrici, con una potenza stimata attorno a seicento cavalli, spinta da un quattro cilindri sovralimentato da un compressore turbo e volumetrico. La stagione inizia con un buon sesto a Montecarlo, poi nel successivo Costa Smeralda Henri Toivonen esce di strada infortunandosi alle vertebre e dovendo rimanere fermo per due mesi. Ritorna nel suo Mille Laghi, dove ottiene un incredibile quarto posto con la 037, poi è terzo a Sanremo, ritirato al Catalunya.

Infine arriva il RAC, ultima gara della stagione e con esso la Delta S4. Affiancato da Neil Wilson, Henri Toivonen vince la gara con 56” di vantaggio sul compagno di squadra Markku Alén, accendendo le speranze di squadra e tifosi per la stagione successiva. E l’inizio del 1986 è fulminante con il successo a Montecarlo, affiancato dal suo nuovo compagno di avventura, Sergio Cresto, che i due portacolori del Martini Racing concludono con oltre quattro minuti di vantaggio sulla Peugeot 205 Turbo 16 di Timo Salonen.

Seguono due ritiri: in Svezia per una rottura di una valvola mentre era al comando e in Portogallo, per la fermata dei piloti a seguito dell’incidente della Ford RS 200 di Joaquin Santos che travolse e uccise tre spettatori. Quindi una perentoria vittoria in Costa Smeralda, valida per il Campionato Europeo e gara di grande interesse per lo sponsor Martini, nonostante problemi al compressore volumetrico che precedeva il fatale Tour de Corse.

Anche nell’isola napoleonica Toivonen-Cresto fecero il vuoto dietro di sé, arrivando ad avere 2’45” sul più vicino inseguitore, Bruno Saby, prima di uscire di strada nella diciottesima prova speciale, il Col d’Ominanda, finire in una scarpata e morire nell’incendio della loro Lancia Delta S4.

Nella sua breve ma splendente carriera Henri Toivonen ha disputato 128 rally vincendone 16, con 40 presenze nel mondiale, tre vittorie, nove podi, 184 prove speciali vinte e 194 punti conquistati.

Un palmares incredibile, conquistato in meno di sei anni di gare. Ma soprattutto la capacità di far sognare i tifosi. Che è proprio ciò che sanno fare gli eroi.

Buon compleanno “Censin” Lancia

FOBELLO (VC) 24 agosto 1881 – Torino15 febbraio 1937. Vincenzo Lancia è stato uno dei grandi protagonisti del primo mezzo secolo dell’era dell’automobile. Sia come pilota, sia come capitano di industria.

Vincenzo Lancia, Censin per la famiglia, nacque in un’agiata famiglia a Fobello, in Valsesia, quarto figlio del Cavalier Vincenzo Lancia, che aveva fatto fortuna in Argentina nell’industria alimentare producendo dadi da brodo e carne in scatola. Il padre avrebbe voluto vederlo avvocato, ma Censin non si applicava agli studi come sperato dai genitori. Era però appassionato di motori e automazione (passione ereditata dal padre) e riuscì a strappare al padre l’autorizzazione a lavorare come contabile (ma soprattutto come meccanico) alla Welleyes di Giovanni Battista Ceirano, azienda che si trovava nel cortile sotto casa sua, in Corso Vittorio Emanuele 9 a Torino. La Welleyes, nome che non significa assolutamente nulla, ma avendo un’assonanza anglofona sembra avere più fascino, produceva biciclette e il 30 aprile 1899  compie il grande salto presentando il primo prototipo di automobile di costruzione italiana. Ad assistere al parto di quella che si presume la prima auto italiana c’è anche Vincenzo Lancia, che in fabbrica ha imparato a leggere i disegni tecnici e, soprattutto, fatto la conoscenza di Aristide Faccioli, progettista della Welleyes e delle future FIAT. Ceirano vende progetto e prototipo dell’ automobile oltre i dipendenti alla neonata FIAT (fondata l’11 luglio 1899) e il giovane Lancia si trova coinvolto nell’avventura dapprima come collaudatore, poi, essendo un guidatore sopraffino, poi come pilota. E lo dimostra vincendo già nel 1900 una corsa di resistenza (per le vetture) di 220 km a Padova, superando vetture più potenti. In seguito si impone nella Sassi-Superga (1902), una delle prime corse in salita italiane e conquista le prime due edizioni della Susa-Moncenisio (1902 e 1904), correndo non solo in Italia (alla Targa Florio per esempio) ma anche alla Coppa Gordon Bennet, in Francia, a Clermont Ferrand nell’Auvergne, nel 1905, dominando la gara per i primi due giri prima di rompere il radiatore, facendo furore pure alla Coppa Vanderbilt, nei pressi di New York.

Ma le idee di Lancia sono altre. Il 27 novembre 1906 assieme a Claudio Fogolin (anche lui in veste di collaudatore in FIAT) fonda la Lancia &C con sede in Via Ormea 86 (si trasferirà nella storica sede di Via Monginevro nel 1911). Ciò, pur continuando a gareggiare al volante delle FIAT sino al 1908 (si presenta ancora la via della Targa Florio e a Bologna); quindi corre per altri due anni fino al 1910 con le vetture di sua costruzione, con il marchio della sua azienda disegnato da Carlo Biscaretti di Ruffia, terminando la carriera da pilota a Modena quando stabilisce il record sul miglio alla media dei 113 km/h.

Il pilota Lancia è irruento, aggressivo, focoso, si tuffa nelle gare a capofitto, sicché incappa in numerosi incidenti, nessuno dei quali grave (atto miracoloso per l’epoca), ottenendo spesso il record sul giro ma non la vittoria finale.

Come imprenditore Lancia, che si occupa della direzione generale d’azienda, mentre al socio Fogolin spetta la direzione commerciale, è preciso, meticoloso ed esigente. Ha una visione più ampia e imprenditoriale (data dalla sua formazione familiare) superiore a quella degli altri piloti che si lanciano nella costruzione di automobili come Luigi Storero, la cui azienda sopravvive dal 1912 al 1916, o quella di Felice Nazzaro nata nel 1911 e messa in liquidazione nel 1916.

Gli inizi sono difficili, anche perché prima che nasca la prima vettura, un incendio distrugge nel 1907 disegni e modelli della futura Lancia. Ma Vincenzo Lancia è determinato e ha le idee chiare. Nel 1908 esce il primo chassis (12 HP, ribattezzata nel 1919 Alpha, come suggerito dal fratello Giovanni) che porta il suo nome e sulla copertina del catalogo per il Nord America, mercato che Lancia pensa subito di colonizzare c’è scritto: “La vettura costruita dall’uomo che sa!” presuntuoso forse, ma chiaro.

Sotto la sua direzione in un quarto di secolo nacquero autentici capolavori come la Lambda del 1921, e l’Aprilia presentata a Parigi il 1 ottobre 1936 e commercializzata pochi giorni dopo la morte di Vincenzo Lancia.

Rimane famoso il “test della corda” cui Lancia sottoponeva i futuri collaudatori prima di essere assunti. Lancia si faceva seguire su una seconda vettura dal candidatole due vetture una corda che non doveva essere strappato dal futuro collaudatore. Ovviamente non doveva tamponare la vettura di Lancia. Pur essendo coinvolto in pieno nel mondo dell’industria Lancia rimase sempre appassionato di corse e nel 1922 fu fra quelli che pose la prima pietra alla costruzione dell’Autodromo di Monza.

Nel 1922 Vincenzo Lancia sposa Adele Miglietti, la sua segretaria, e da questo matrimonio nasceranno tre figli: Anna Maria, Gianni ed Eleonora. Nel 1930, con gli industriali Gaspare BonaBattista Farina detto Pinin, Giovanni Battista Devalle, Pietro Monateri e Arrigo De Angeli, fondò la Società anonima Carrozzeria Pinin Farina, in seguito Pininfarina.

Vincenzo Lancia era  un uomo molto meticoloso ed esigente nella sfera professionale e totalmente diverso nel privato: gioviale, amante delle mangiate in buona compagnia e della musica, in particolare di Richard Wagner. La mattina del 15 febbraio 1937, all’età di soli 55 anni, muore improvvisamente nella sua casa a Torino, vittima di un attacco cardiaco. Il feretro, dopo aver ricevuto le esequie dalla capitale piemontese, viene trasferito a Fobello per riposare nella tomba di famiglia. Le sorti dell’azienda vengono prese in mano prima dalla moglie Adele e poi dal figlio Gianni.

Buon compleanno Nelson

RIO DE JANEIRO (Brasile), 17 agosto 1952. Un nome e cognome lungo come solo i brasiliani possono avere. Lui è Nelson Piquet Souto Maior, un pilota che vanta tre titoli mondiali in Formula 1 (1981 e 1983 Brabham, 1987 Williams) a pari merito con gente del calibro di Ayrton Senna, Niki Lauda, Jack Brabham e Jackie Stewart. Oltre ad aver collezionato 23 vittorie e sessanta podi nelle 207 gare disputate (con 204 partenze effettive) impreziosita da 24 pole position e 23 giri veloci che gli sono valsi 481,5 punti validi (su 485,5) chiudendo a punti fra i primi sei in cento occasioni. La carriera di Piquet in Formula 1 si è sviluppata dal 1978 (Ensign) al 1991 (Benetton) dovendo confrontarsi con piloti del calibro di Lauda, Senna Prost e Mansell, oltre che Michael Schumacher, astro nascente quando il brasiliano era a fine carriera.

Uno stile di guida che piaceva al pubblico perché non freddo e calcolatore come Lauda o Prost, ma nemmeno irruento come Mansell. Nel corso della sua carriera ha guidato vetture molto diverse dall’effetto suolo alle turbo; era inoltre capace di adattarsi subito ai circuiti, cosa che gli permise di vincere le prime edizioni di gare come Imola e l’Hungaroring, mentre non ebbe un buon rapporto con Montecarlo dove ottenne come miglior risultato il secondo posto nel 1983 (Brabham) e 1987 (Williams) anni in cui vinse il mondiale, ritirandosi sette volte in dodici presenza. “Correre a Montecarlo è come andare in bicicletta in cucina”.

Fuori della macchina Nelson Piquet si è sempre dimostrato goliardico, spiritoso, spesso polemico e gran tombeur de femme. È il padre di Nelson Piquet Jr, e Pedro Piquet.

Buon compleanno Jorge Recalde, condor argentino

MINA CLAVERO (Argentina), 9 agostoJorge Raùl Recalde nacque il 9 agosto 1951 a Mina Clavero, un villaggio di diecimila abitanti circa a mille metri di altitudine nella provincia di Cordoba, e morì il 10 marzo del 2001 durante il Rally di Villa Dolores (nella provincia di Córdoba, la sua stessa provincia di nascita) a seguito di un incidente, anche se la causa ufficiale fu un infarto per l’uscita di strada (oppure uscì di strada a seguito dell’infarto).

Nel corso della sua lunga carriera ha disputato quasi 130 rally, cominciando con una Renault 12 TS nel 1978 alla Vuelta a la America del Sud, ottenendo 25 vittorie assolute, la prima delle quali nel 1982 nel Rally Vuelta del Manzana su Renault 18 TX affiancato dal suo navigatore storico Jorge del Buono (i due insieme disputeranno 42 gare). Il 1982 fu per lui una grande annata, partecipando a tre gare e vincendole tutte e conquistando il titolo assoluto nazionale, bissato nell’anno 200’. L’ultima vittoria la ottenne al Rally Gran Desafio de la Montana appena quattro mesi prima di morire su una Ford Escort WRC affiancato da Diego Curletto.

Nel Campionato Mondiale Rally ha disputato 69 gare, ottenendo il successo assoluto nel Marlboro Rally di Argentina del 1988 con Jorge Del Buono (insieme 23 gare iridate) sulla Lancia Delta Integrale del Team Lancia Martini, salendo comunque otto volte sul podio primeggiando in 58 prove speciali e conquistando 218 punti iridati. L’esordio nel mondiale avvenne nel Rallye de Portugal – Vinho do Porto del 1980 concluso all’ottavo posto assoluto (ottenendo il suo primo punto ridato) con una Ford Escort RS Mk II affiancato dal connazionale Hector Moyana. Nello stesso ottenne un secondo posto assoluto al Rallye Cote Ivoire con una Mercedes 500 SLC. La sua ultima apparizione nel mondiale avvenne nel Rally di Argentina del 2000 con una Ford Escort RS Cosworth affiancato da Diego Curletto, fermandosi anzi tempo per problemi meccanici. Nel corso della sua carriera mondiale Recalde ha corso principalmente con le Lancia Delta e Mitsubishi Lancer, oltre a Ford Escort, Audi Coupé quattro, Toyota Celica, Datsun 160J, Mercedes 500 SLC, Renault 18 GTX e addirittura con una Fiat Uno Turbo (Portogallo 1987).

Buon compleanno Achille Varzi, l’imbattibile

GALLIATE (NO), 8 agosto 1904 – “Non giocate a poker contro Achille. Vincerà lui”. Pare che questo detto circolasse fra le persone che il pilota di Galliate frequentava nel mondo delle corse. Probabilmente non perché fosse un giocatore formidabile, ma perché era così ricco che nessun rilancio gli era impossibile. Sicuramente era imbattibile era al volante delle auto da corsa con le quali colse centinaia di vittorie dopo una brillante carriera motociclistica. Achille Varzi nacque a Galliate l’8 agosto 1904 terzogenito di Menotti Varzi e Pina Colli Lanzi. Il padre, insieme allo zio il senatore del regno Ercole Varzi, aveva fondato la Manifattura Rossari & Varzi, una delle maggiori industrie tessili dell’epoca.

Come tutti i piloti dell’epoca Achille Varzi cominciò a correre in motocicletta nel 1922, aprendo una competizione familiare con il fratello maggiore Angioletto, battendolo regolarmente, L’anno successivo, a 19 anni, conquisto il Campionato Italiano Seniores (memorabile la sua vittoria al Circuito del Lario) gareggiando prima con una Garelli 350 poi con una Sunbeam 500, dopo aver disputato poco gare con la milanese Frera. Nel 1924 inizia il confronto su due ruote con Tazio Nuvolari, suo principale avversario per il resto della vita. Una strepitosa vittoria Varzi la ottenne nel 1929 proprio a Mantova, città di Nuvolari, con una Sunbeam 500, successo che gli regalò il titolo italiano assoluto.

Rivali sulle strade, ma in realtà in buoni rapporti (forse non amici) nella vita, fu proprio per l’insistenza di Nuvolari che Achille Varzi passò a correre in auto. Cominciò nel 1928 acquistando una Bugatti Type 35C, quindi l’anno successivo acquistò l’Alfa Romeo P2 che era stata del pilota ufficiale Alfa Giuseppe Campari con la quale conquistò in quell’anno, fra gli altri, il Circuito del Montenero-Coppa Ciano (1929), Circuito di Alessandria e il Gran Premio di Roma. Tornato alla Bugatti con una Type 51 vinse molte gare prestigiose come il Gran Premio di Tunisi (1931-1932), il Circuito di Monthlery in Francia (1931), il e la Susa-Moncenisio (1931).

Di quel periodo è ricca l’aneddotica dei duelli Varzi-Nuvolari, fra i quali il celebre sorpasso a fari spenti nella notte alla Mille Miglia del 1930 di Nuvolari ai danni di Varzi a fari spenti nella notte (anche se gli storici dell’auto hanno molti dubbi in proposito), e il grande duello Varzi-Nuvolari al Gran Premio di Monaco del 1933, caratterizzato da numerosi sorpassi reciproci, alla fine vinto da Varzi su Bugatti T51.

Un simile campione non poteva sfuggire a Enzo Ferrari che nel frattempo aveva fondato la sua scuderia di cui entrò a far parte Varzi nel 1934, vincendo con la formidabile Alfa Romeo P3 nuovamente il Circuito di Alessandria, Il circuito del Montenero-Coppa Ciano, il Gran Premio di Nizza, il Gran Premio di Tunisi, il Gran Premio di Penya Rhin sulle colline del Montjuic a Barcellona e la doppietta Targa Florio (che aveva già vinto nel 1930 con l’Alfa Romeo P2)e Mille Miglia.

Già l’anno successivo, però, passa all’Auto Union, lasciando l’Alfa Romeo e Ferrari, scelta che venne vista dagli sportivi italiani come un tradimento vincendo con la potentissima Typ B, progettata da Ferdinand Porsche, il Gran Premio di Tunisi (che aveva già vito la gara africana nel 1930 e 1932, toccando in questa occasione i 295 km/h) per la terza volta il Gran Premio di Tripoli, e l’anno successivo la Coppa Acerbo (già vinta nel 1930). Nel periodo in cui correva per la squadra tedesca sulla vettura, Varzi venne colpito da un attacco di appendicite. L’intervento chirurgico di appendicectomia all’epoca era molto rischioso e doloroso, e Varzi, su pressione dell’amante Ilse Hubitsch, moglie del pilota tedesco Paul Pietsh, iniziò a far uso di morfina, diventandone totalmente dipendente.

Nel 1938 Achille Varzi iniziò un percorso di disintossicazione nell’Appennino Toscano, accentando un accordo dell’Alfa Romeo per tornare a correre a fronte di un ingaggio mensile di ben 6.000 lire. Nel 1940 sposò la findanzata di sempre Norma Colombo, ma la sua carriera fu interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale. Tornato a correre nel 1946 vincendo (a otto anni dal suo ultimo successo il Gran Premio di Sanremo del 1938, corso su Maserati Tipo 6CM) immediatamente la Coppa Bressi-Gran Premio del Valentino su Alfa Romeo 158, bissando la vittoria sul circuito di Bari. Il 1° luglio 1948 Achille Varzi morì ribaltandosi nelle prove del Gran Premio di Svizzera a Bremgarten, nei sobborghi di Berna, con la sua Alfetta 158 (quello fu un periodo nero per i colori italiani, in quanto la settimana precedente, sullo stesso circuito ma non nello stesso punto si uccise anche il campione motociclistico Omobono Tenni). Achille Varzi è sepolto nel cimitero della sua Galliate.

La vita di Varzi è raccontata nel libro di Giorgio TerruzziUna curva cieca”, edito da Giorgio Nada.

Buon compleanno Nigel Mansell, leone assolutamente British

UPTON UPON SEVERN (Inghilterra), 8 agosto 1955 Nigel Ernest James Mansell nacque l’8 agosto 1955 a Upton upon Severn, piccolo borgo del Worchestershire a quasi tre ore di macchina da Londra. Mansell vanta la vittoria nel campionato mondiale di Formula 1 nel 1992 su Williams FW14B e nella serie americana Cart nel 1993 su Lola T9300-Ford. Profondamente britannico ha sempre corso nella massima serie con auto inglesi, se escludiamo le due stagioni 1889-1990 quando guidò per la Ferrari.

In carriera ha disputato 191 Gran Premi (con 187 partenze) dall’esordio al Gran Premio d’Austria del 1980 su Lotus 81 (ritirato al 40° giro per rottura del motore, dopo aver ottenuto l’ultimo tempo in qualifica) ottenendo 31 vittorie (pilota britannico più vittorioso, superato solo da Hamilton) salendo sul podio 59 volte, segnando 32 pole position e 30 giri veloci, ottenendo 482 punti di cui 480 punti validi. Nel 1993-1994 ha corso nella categoria americana CART, con la scuderia Newmann-Hass centrando il titolo alla prima stagione e ottenendo cinque vittorie e tredici podi nei 31 Gran Premi disputati.

Nel 1995 è tornato brevemente in Formula 1 al volante della McLaren-Mercedes MP4/10 disputando il Gran Premio di San Marino, chiudendo decimo dopo una collisione con Irvine e al successivo Gran Premio di Spagna del 14 maggio dove si ritira per un problema ai freni.

Giorgetto Giugiaro, il genio di Garessio non si ferma mai

GARESSIO (CN), 7 agosto 1938 – Giorgetto (che è il suo vero nome) Giugiaro nasce a Garessio il 7 agosto 1938 in una famiglia di pittori e affrescatori di chiese (oltre che appassionati di musica) a cominciare dal bisnonno Paolo, il nonno Luigi e il padre Mario, che sarà fondamentale per la sua evoluzione artistica. Ed è proprio il padre a spingerlo all’età di 14 anni a “migrare” a Torino per seguire i corsi di una scuola d’arte e di sera una scuola di design tecnico ed entrare così in contatto con il mondo Fiat, entrando all’età di 17 anni come apprendista designer nel Centro Stile della Casa torinese chiamato da Dante Giacosa, il padre di tutte le Fiat dalla Topolino alla 127. Appena quattro anni dopo, nel 1959, Nuccio Bertone, gran scopritore di talenti, lo chiama a dirigere il suo centro stile in sostituzione di Franco Scaglione.

Presso Bertone Giugiaro disegna alcuni capolavori a cominciare dall’Alfa Romeo 2600 Sprint (1959) suo primo impegno con il carrozziere torinese, la Giulia Sprint GT (1963) il prototipo Carabo (1964), l’ASA 1000 (1962), BMW 3200 CS; prima di passare nel 1966 alla Ghia, per la quale crea l’Iso Rivolta Fidia, e compiere  nel 1968 il grande salto fondando con Aldo Mantovani l’Italdesign. Nei 44 passati alla direzione di Italdesign ha disegnato oltre 200 modelli, alcuni dei quali prodotti in grande numero di esemplati come la Volkswagen Golf (oltre alla Scirocco e alla Passat), la Fiat Panda, Uno, Croma, Punto e Grande Punto, la Daewoo Matiz, la Lancia Delta (oltre a Thema, Prisma e Musa) e vetture di grande impatto emozionale come le Maserati Coupé e Spyder, le Bugatti EB 110 ed EB 112 (quest’ultima rimasta a livello di pochi esemplari), le Maserati Bora, Ghibli, Merak MC12 e Kubang, la De Lorean DMC12 (quella di “Ritorno al futuro”). Ha disegnato inoltre la Lotus Esprit (protagonista del film “La spia che mi amava”), l’Alfa Romeo Alfasud, Alfasud Sprint, Alfetta GT e GTV, Brera 156 e 159, i prototipi Iguana e Caimano, la Ford Mustang Concept del 2008, i concept Audi Asso di Picche, la BMW M1, le Isuzu Asso di Fiori, Gemini Coupe e Piazza, la Renault 19 e 21, la Saab 9000.

Ma queste sono solo alcune delle vetture uscite dalla matita del designer di Garessio.

Nel 2010 l’Italdesign entra a far parte della galassia Volkswagen Group e Giorgetto Giugiaro rimane in azienda fino al 2015, quando cede alla Casa tedesca le sue ultime quote, fondando insieme al figlio Fabrizio la GFG Style, che sviluppa le idee di Giugiaro Design, azienda nata nel 2012 per sviluppare in modo indipendente il design nei settori più disparati dai veicoli commerciali, industriali e agricoli, alle imbarcazioni, alle moto (Giugiaro è un grande appassionato di trial che pratica con passione), elementi di arredo, orologi, macchine fotografiche, fino alla pasta da cucina, campo nel quale si era già cimentato nel 1983 per la Voiello). Giugiaro è stato coinvolto nell’organizzazione dei Giochi Olimpici invernali di Torino 2006 e ha progettato l’organo della cattedrale di Losanna composto da circa 7000 canne.

Giugiaro è stato nominano Cavaliere del Lavoro nel 1999 e nel 2010 ha ottenuto la Laurea Honoris Causa dall’università di Torino che va ad aggiungersi alle altre sette lauree ad honorem conferitegli da università di tutto il mondo oltre ad aver vinto sette volte il Compasso d’Oro ed essere stato nominato da 120 giornalisti internazionali “Car Designer del Secolo”.

Buon compleanno Colin McRae

Colin Steele McRae (Lanark5 agosto 1968 – Lanark15 settembre 2007) è stato campione del mondo nel 1995.

Famoso per il suo modo di guidare, è tutt’ora il pilota più giovane ad aver vinto un campionato mondiale di rally.

Buon compleanno Louis Chiron

Accadde oggi – 1976: Niki Lauda

Niki Lauda resta vittima di un grave incidente durante i primi giri del Gran Premio di Germania sulla pista del Nürburgring. Le fiamme che deturpano il suo viso causano segni che rimarranno evidenti per il resto della vita.

Buon compleanno Mikko Hirvonen

Buon compleanno Alberto Ascari

MILANO – È stato il secondo e purtroppo ultimo campione mondiale di Formula 1 italiano. Alberto Ascari, nato a Milano il 13 luglio 1918, figlio di un altro grandissimo campione, Antonio, conquistò la coronona iridata nel 1952 e 1953. Morì a Monza, provando la Ferrari 750 che Castellotti e Villoresi stavano testando, appena quattro giorni dopo il terribile incidente di Montecarlo ne Gran Premio di Formula 1.

Pilota velocissimo, completo e tecnico in trentadue Gran Premi di Formula 1 disputati, ottenne tredici vittorie, diciassette podi, quattordici pole position, venticinque partenze in prima fila e dodici giri più veloci.

Buon compleanno Juan Manuel Fangio

Juan Manuel Fangio nacque a Balcarce (Argentina) il 24 giugno 1911 e morì a Buenos Aires il 17 luglio 1994. È stato per cinque volte campione del mondo di Formula 1 nel 1951 (Alfa Romeo), 1954 (Maserati), 1955 (Mercedes), 1956 (Ferrari) e 1957 (Maserati).

Soprannominato El Chueco, disputò 52 Gran Premi, vincendone 24 e salendo per 35 volte sul podio. Ottenne 29 pole position e 48 partenze dalla prima fila. Il suo record di 5 titoli mondiali resistette per 48 anni e fu superato solo nel 2003 da Michael Schumacher. Detiene la più alta percentuale di pole position realizzate in carriera: Fangio partì in prima posizione nel 55,8% dei Gran Premi disputati; a 46 anni e 41 giorni è inoltre il corridore più anziano ad avere conquistato un titolo mondiale.

Aveva uno stile di guida preciso ma spettacolare, oltre che una profonda conoscenza della meccanica, essendo stato coinvolto nel settore delle riparazioni fin da ragazzino. Corridore completo, seppe distinguersi anche in competizioni a ruote coperte: da ricordare i suoi numerosi piazzamenti alla Mille Miglia, le vittorie alla Carrera Panamericana nel 1954, al Nürburgring nel 1955 e alla 12 Ore di Sebring nel 1956 e nel 1957.

Non ho mai pensato all’auto come a un mezzo per conseguire un fine, invece ho sempre pensato di essere parte dell’auto, così come la biella e il pistone”.

Buon compleanno Michèle

Michèle Mouton (Grasse Francia, 23 giugno 1951) è un’ex pilota rally e dirigente sportivo francese tra le poche donne ad avere vinto gare valide per competizioni di serie mondiali (quattro rally vinti, nove sul podio); dal 2009 è dirigente della Federazione Internazionale dell’Automobile.

Dopo aver debuttato come navigatrice, passo al volante di un’Alpine A110, quindi venne reclutata nella squadra ufficiale di Fiat France per guidare le 131 Abarth, per disputare il Campionato Europeo, vincendo, fra l’altro, il Tour de France. Nel 1975 ha partecipato alla 24 Ore di Le Mans in un team tutto femminile con Christine Dacremont e Marianne Hoepfner classificandosi 21ª a 67 giri di distacco dai vincitori conquistando la sua classe con una Moynet motorizzata Simca.

Nel 1981, in coppia con la sua navigatrice Fabrizia Pons, fu la prima donna a vincere un rally del Campionato del Mondo conquistando il Rallye Sanremo. Nel 1982 vinse tre gare del mondiale (Portogallo, Brasile e Acropoli) sempre alla guida di un’Audi quattro, chiudendo seconda nella classifica iridata, campionato perso a causa della rottura della trasmissione della sua vettura al Rally Costa d’Avorio, fatto che non le permise di vincere la gara e di conseguenza il titolo.

Nel 1984 e 1985 vinse con l’Audi Sport quattro la corsa in salita nel Colorado la Pikes Peak International Hill Climb, prima donna a riuscirvi stabilendo anche il record del tracciato.

Nel 1986 passò alla Peugeot Talbot Sport Deutschland, vincendo il campionato tedesco rally con la Peugeot 205 T16; corse inoltre alcune prove mondiali, di cui l’ultima fu il Tour de Corse 1986 nel quale si ritirò per problemi al cambio. In seguito all’abolizione delle vetture Gruppo B decise di ritirarsi dalle corse. Nel 1988 promosse, insieme a Fredrik Johnson, la Corsa dei Campioni in onore di Henri Toivonen. Nel 2008, a 22 anni di distanza dal suo ritiro, Michèle Mouton tornò al volante di una vettura da rally con Fabrizia Pons partecipando all’International Rally of Otago in Nuova Zelanda, chiudendo 34esima assoluta. Con Jutta Kleinschmidt, Danica Patrick e Lella Lombardi appartiene alla ristretta cerchia di donne vincitrici di gare valide per campionati mondiali. Dal 2009 presiede la commissione Donne negli Sport Motoristici della FIA.

In carriera ha disputato 135 rally di cui 50 di Campionato del Mondo, vincendone sedici in totale con quattro allori nel mondiale, risultando la più veloce in 162 prove speciali iridate segnando inoltre 229 punti nel Campionato. Nel suo palmares ci sono anche cinque gare come navigatrice, fra le quali il MonteCarlo del 1975 terminato con un’uscita di strada.

Buon compleanno Bar Roma

Lo storico bar di Dronero festeggia oggi, 17 maggio, i sessantacinque anni di vita nelle mani della famiglia Barbero. Ereditato una quarantina di anni fa dai genitori, Ezio Barbero lo ha fatto diventare un punto di ritrovo dei rallisti non solo della zona, aiutato anche da fatto che da 2008 il Rally Valli Cuneesi fa base proprio davanti al suo dehor. Di Tommaso M. Valinotti

DRONERO (CN), 17 maggio – Ci sono mille modi per festeggiare il proprio matrimonio. Una luna di miele in località esotiche, viaggi in terre sconosciute, una sontuosa cerimonia nella cattedrale del paese, balli e danze per l’intera notte. È un po’ più raro che una coppia di novelli sposi decidano di far coincidere la data delle loro nozze con l’apertura di un’attività commerciale che gestiranno insieme per il resto dei loro giorni.

Il 17 maggio 1956 Maria e Teresio Barbero, lei sarta, lui barbiere, coronarono il sogno d’amore sposandosi e contestualmente tirarono su le serrande del Bar Roma di Dronero, loro luogo di lavoro in armonia per i successivi quindici anni.

Il Bar Roma di Dronero venne aperto nel 1870 e nel 1956 i miei genitori lo rilevarono e ne iniziarono l’attività nel giorno del loro matrimonio” afferma Ezio Barbero, figlio di Maria e Teresio, che ancor oggi gestisce il bar. Classe 1964, un diploma da geometra, a metà degli anni Ottanta decide di mettere in un cassetto il suo bel diploma e andare a occupare un posto stabile dietro il bancone del bar

Feci il mio primo caffè all’età di sette anni. Quello fu il gioco di un bambino, un gioco che giorno dopo giorno sarebbe diventato una cosa sempre più seria” dice oggi Ezio Barbero, che proprio all’età di sette anni perse il padre e vide la madre rimboccarsi le maniche per portare avanti l’attività, mantenere il figlio anche agli studi per permettergli di scegliere un’altra vita se vivere nelle sale del bar non fossero state di suo gradimento.

Terminato il servizio militare mi posi la classica domanda dei ragazzi chiamati al bivio della decisione fondamentale della vita: cosa fare da grande?” A metà degli anni Ottanta Dronero vive una buona realtà sociale, c’era una caserma degli alpini e si sa che i militari spendono il tempo delle libere uscite passando le ore di libertà ai bar. E così Ezio affianca per un certo periodo la madre, per poi passare decisamente al timone della macchina del caffè e anche alla mescita degli aperitivi. Nel frattempo il destino gli ha proposto due incontri importanti per il suo futuro.

Non tanto per quello da barista, quanto per quello di appassionato di corse automobilistiche.

Come compagno di classe all’istituto tecnico per geometri c’è Alberto Verna, futuro pilota di rally, mentre all’aeroporto di Cameri (NO) fa amicizia con un altro militare in aviazione: Piergiorgio Deila. In arte PiGì.

Se quegli incontri sono importanti per lo sviluppo della passione rallistica di Ezio Barbero c’è il fatto che in zona si corra il Rally 100.000 Trabucchi, gara saluzzese per antonomasia che porta sulle prove speciali delle valli cuneesi fior fior di campione e faccia specchio anche la pinerolese Ruota d’Oro, gare che dall’età di 12 anni il futuro barista (e anche pilota) non manca mai di andare a vedere. E poi a Dronero ci sono un paio di piloti ammirati da tutti i ragazzini che sognano di emularli. A cominciare da Ernesto Ghio che ha per le mani una Lancia Fulvia HF (tanto simile a quella con cui Munari-Mannucci hanno vinto il Montecarlo 1972) per proseguire con Giorgio Bramino, che mette invidia e accende sogni di gloria con la sua Opel Ascona (che segue A112 e Fulvia HF) con la quale centra un ragguardevole decimo assoluto al Rallye Sanremo 1974 (vinto da Munari-Mannucci con la Stratos, e scusate se è poco), oltre a conquistare la vittoria assoluta nel Valli Pinerolesi del 1975.

La mia prima gara sono andato a vederla quando avevo dodici anni portato da Arcangelo Defilippi” ricorda ancora il barista-slalomista che vede il suo bar sempre più frequentato da gente del mondo delle corse come Bruno Bottero, Gabriella Allione il navigatore Giò Agnese. Da quel momento il sogno del barista Ezio Barbero è di indossare casco e tuta per cominciare una carriera da pilota, che magari non potrà emulare quella dei suoi due concittadini, ma potrà regalargli quelle soddisfazioni e quei risultati, che anche al Bar Roma di Dronero hanno il loro effetto.

E il gran giorno arriva il 25 giugno del 1989 quando il venticinquenne Ezio Barbero, lascia di prima mattina la sua casa di Dronero per affrontare i birilli dello slalom Paesana-Prato Guglielmo cercando di non sentire gli amorevoli consigli della mamma che, chiudendo la porta, dice: “Mi raccomando Ezio, vai piano”.

Si sa, difficilmente i figli ubbidiscono i genitori ed Ezio Barbero cancella dalla memoria caffè e spumantini, e soprattutto i consigli di mamma Maria, e si scatena su quella strada con la Peugeot 205 GTI 1900 Gruppo N con la quale centra una soddisfacente vittoria di classe. La storia non ricorda come sia stato accolto dalla mamma al ritorno a casa con una coppa in mano, dimostrazione che aveva disatteso i consigli materni e tanto piano non era poi andato. “Rischiai di rimanere senza benzina per colpa mia” ricorda ancora oggi Ezio Barbero “Mauro Scanavino della Supergara quando seppe quanta benzina avevo nel serbatoio mi disse ‘Se non altro potrai entrare nel Guinness dei Primati come il pilota che al suo esordio ha fatto meno strada prima di fermarsi’”. La cosa non accadde e la carriera fra i birilli di Enzo Barbero proseguì per diversi anni, cogliendo dei bei risultati come il nono posto assoluto, primo dei locali in una bagnatissima edizione della Dronero-Montemale del 1996 con una Peugeot 309, divertendosi anche in alcune estemporanee uscite nelle gare in salita, come alla Cesana-Sestriere che ha affrontato con una Renault 5 GT Turbo. Ma il tempo passa e gli impegni crescono e di lasciare il bar la domenica per scivolare fra i birilli c’è sempre meno tempo e allora si sogna su una macchina stradale, come una Subaru Impreza che fa sentire tanto Colin McRae e una fuga ogni tanto la si riesce ancora a farla, come nel 2017, quando Ezio Barbero prese parte con la sua Impreza insieme a Pierluigi Capello alla Sestriere Experience. Non sarà stata una sfida al centesimo di secondo con i cronometri, ma l’atmosfera della gara c’era,

Nel frattempo, però, Dronero diventa la “capitale” del Rally Valli Cuneesi e dal 2008, il Bar Roma, con la sua posizione centrale, diventa una delle piazzeforti della gara delle valli occitane. Lì si distribuiscono i radar, lì si va a far colazione durante le ricognizioni o prima della gara; lì si fa un prosecco a gara finita, quando ormai l’adrenalina sta scemando, ma si ha una voglia matta di raccontare una giornata vissuta intensamente.

E il Bar Roma, con le pareti tappezzate di immagini corsaiole delle più belle gare di Ezio, ma anche dei suoi amici, diventa il punto di incontro anche fuori dalle giornate di gara. Così non è difficile incontrare i rallisti cuneesi e non solo come Marco Ravera, Elio Tortone, Roberto Massolino, Marco Bolla, Alberto Verna, Corrado Botta, i locali Germano Coero Borga e Andrea Conte e perché no anche il Campione Italiano Rally Pigì Deila che ha donato al bar una tuta, conservata religiosamente come una sindone rallistica. Mentre durante le gare hanno eletto il Bar Roma a punto di riferimento gente come Gigi Pirollo e Piero Longhi che hanno stretto con il barista di Dronero una stretta amicizia. E tanto per rimanere in tema di amicizia e tute, Ezio si è fatto ritrarre fra le girls del suo bar (Sara, Erika, Giliola, Martina e Sandra) vestite con le tute dei suoi amici rallisti in un’immagine che meriterebbe la copertina di una patinata rivista, non solo rallistica.

E se è vero che i sogni non svaniscono mai Ezio Barbero vorrebbe vedere la figlia Lucia (ventitré anni studentessa di psicologia all’Università di Perugia) poco appassionata di rally e maggiormente fans del cantante Ultimo, che nei rally non è mai un buon risultato. Infine, Ezio Barbero si augura che il Rally Valli Cuneesi torni a Dronero nel 2022, portando nella cittadina della Valle Maira l’adrenalina della gara, magari con le manifestazioni di contorno, come la sfilata di Miss Rally, mentre le girls del Bar Roma potrebbero in quell’occasione tornare a sfoggiare le tute rallistiche mentre servono spritz e campari. Insomma sognare e sperare non costa nulla.

Nel frattempo però buon compleanno Bar Roma.

Ciao Ayrton

Sarai sempre il più grande

28 Aprile 2021: Lamborghini festeggia i 105 anni dalla nascita di Ferruccio Lamborghini

Sant’Agata Bolognese, 28 aprile 2021 – Automobili Lamborghini festeggia il centocinquesimo anniversario della nascita del suo fondatore, Ferruccio Lamborghini, un uomo fondamentale nella storia dell’azienda, non solo per averla fondata nel 1963, ma anche per essere stato l’ispiratore, spinto dal suo perenne desiderio di migliorare e di innovare, dei modelli più iconici, quali Miura e Countach. Quando Ferruccio Lamborghini, nel 1973-1974, vende la società, già entrata nel novero dei costruttori più affermati ed ammirati al mondo, le lascia proprio questo desiderio di innovazione continua e lo spirito insofferente alle abitudini consolidate, che la contraddistingue ancora oggi.

Ferruccio Lamborghini nasce il 28 aprile 1916 a Renazzo, una frazione del Comune di Cento (provincia di Ferrara). E’ il primogenito di Antonio ed Evelina Lamborghini, agricoltori, ed il suo destino sembra essere scritto, visto che è tradizione che sia il primogenito ad ereditare il podere di famiglia. Il giovane Ferruccio, però, più che dalla terra è attratto dalla meccanica e, sin da giovanissimo, preferisce passare i suoi pomeriggi nell’officina della cascina.

Esattamente come nelle principali caratteristiche riconosciute ai nati sotto il segno del Toro, Ferruccio è concreto, tenace e convinto delle proprie idee e riesce, appena ragazzo, a farsi assumere dalla migliore officina di Bologna dove può, finalmente, scoprire tutti i segreti della meccanica. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Ferruccio, ormai esperto ed apprezzato meccanico, viene arruolato ed assegnato al 50° Autoparco Misto di Manovra, di stanza a Rodi, che si occupa della manutenzione di tutti gli automezzi militari presenti sull’isola, compresi i camion a motore Diesel e i trattori che vengono utilizzati per trainare gli aerei. Le alterne fortune della guerra, vedranno Ferruccio riparare (ed ogni tanto anche guastare, come ricorderà in seguito) con successo mezzi appartenenti agli Italiani, ai Tedeschi ed agli Inglesi. Proprio a Rodi, appena terminata la guerra, apre la sua prima azienda: una piccola officina di riparazioni meccaniche.

Nel 1946, rientra in Italia e, beneficiando di alcune agevolazioni messe in atto per sostenere la ripresa economica, apre un’officina meccanica a Cento, dove ripara automezzi e prepara piccole utilitarie. E’ lavorando in officina ed osservando la crisi in cui versa l’agricoltura locale, ripensando ai trattori che aveva riparato a Rodi, che Ferruccio Lamborghini sviluppa la sua idea: realizzare trattori agricoli economici, alla portata anche dei piccoli proprietari terrieri, utilizzando le componenti dei vecchi mezzi militari. Il primo ad essere trasformato è un camion Morris a cui Ferruccio, oltre le modifiche principali, applica un vaporizzatore del carburante di sua invenzione. Viene presentato il 3 Febbraio del 1948 in paese, durante la festa del Santo Patrono di Cento. Ne vende 11. E’ il successo da cui nasce Ferruccio Lamborghini imprenditore che, per comprare un lotto di 1000 motori Morris si indebita con la banca dando a garanzia tutto quello che ha, compreso, con il beneplacito del padre, il podere di famiglia.

Quando, nel 1963, ormai annoverato tra gli industriali più importanti d’Italia, Ferruccio Lamborghini decide di costruire le migliori automobili granturismo al mondo, nasce l’esigenza di trovare un logo idoneo che le caratterizzi. Fino ad allora i trattori usavano, sotto la scritta Lamborghini, un marchio molto semplice, color argento: un triangolo con le lettere FLC (Ferruccio Lamborghini Cento). Ferruccio si rivolge ad un rinomato grafico locale, Paolo Rambaldi, che chiede a Ferruccio quali caratteristiche personali si sente di avere.  “Sono tamugno, (tradotto dal dialetto significa duro, forte, testardo) come un toro” è la risposta di Ferruccio, ed è da quello, abbinato al suo segno zodiacale, che nasce il logo oggi famoso in tutto il mondo delle Automobili Lamborghini.

Le caratteristiche di innovazione e curiosità tecnica (oggi si direbbe innovazione) rimangono il tratto distintivo di Ferruccio Lamborghini e degli uomini, spesso i migliori ingegneri al mondo, che lo circondano. La Miura del 1966 riscrive la storia delle Granturismo, obbligando i giornalisti che la provano a coniare una nuova parola per descriverla: nasce il termine Supercar. Il Countach, nato come prototipo nel 1971, è così all’avanguardia che è ancora moderna nel 1990, quando, dopo 17 anni di produzione e 1999 esemplari prodotti, viene rimpiazzato dalla Diablo, che sarà la prima supersportiva di Lamborghini ad essere disponibile anche nella versione a 4 ruote motrici.

Ferruccio non è più in azienda da anni, ma il suo spirito basato sulla convinzione che anche il meglio possa essere ancora migliorato e la sua voglia di percorrere nuove strade, sono rimasti: nel 2018 debutta la Urus, il primo Super SUV che apre un nuovo mercato, e, ancora, nel 2020 la Sián, la prima Lamborghini ibrida, una 12 cilindri che adotta dei super condensatori per immagazzinare e rilasciare nel modo più rapido ed efficiente, potenza elettrica. Ferruccio, scomparso il 20 Febbraio del 1993, ne sarebbe fiero.

15° Ronde del Canavese: la sfida di N2 porta le Peugeot 106 in cima al Gruppo N

Sono le 106 che fanno il bello e il cattivo tempo in Gruppo conquistando le prime due posizioni davanti alla Clio RS di Gandolfo-Vacchieri. Di Tommaso M. Valinotti. Immagini Foto Magnano

RIVAROLO (TO), 28 febbraio – Gruppo N in mano alle piccole e velocissime Peugeot 106 di Classe N2, portate in gara da “Cave”-Simone Grosso e Andrea Castagna-Stefano Bossuto che si sfidano per tutti e quattro i passaggi sulla prova speciale lasciando poco spazio agli altri equipaggi anche di categoria superiore. Il Gruppo N viene deciso da una toccatina nella seconda prova speciale di Andrea Castagna che gli fa perdere 17” da “Cave” che il canavesano non riuscirà più a recuperare nonostante il migliore tempo di Gruppo N nei successivi due passaggi sulla Pratiglione nei quali riuscirà a rosicchiare solo 6”4, sufficienti a risalire sul secondo gradino del podio ma non ad acciuffare il portacolori di Meteco Corse. Gli unici che sono riusciti a inserirsi nel duello delle Peugeot 106 sono stati Riccardo Gandolfo-Serena Vacchieri con la loro Clio RS N3, secondo tempo di Gruppo nel passaggio di apertura a soli 2”5 da Castagna, poi più in ritardo nelle altre prove speciali, rimanendo comunque sempre fra i migliori tre in ogni speciale per chiudere a 39”6 dal vincitore. Precedendo Gianluca Bizzini-Angela Tufarelli (terza forza di N2) con la Citroën Saxo. Migliore di Classe N4, la Subaru Impreza di Gianni Lopes-Roberto Marsero, settimi di Gruppo N, mentre il migliore delle piccole N1 è Luca Marzo affiancato da Efrem Sereno, con la Peugeot 106.

  • Iscritti 21, verificati 21, classificati 18, ritirati 5.
  • Vincitori Prove speciali: 3 Castagna-Bossuto (1, 3, 4); 1 “Cave”-Grosso (2)
  • Leader di classifica: 1 Castagna-Bossuto; 2-4 “Cave”-Grosso